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La pancia dello psicologo

  • Immagine del redattore: Serena
    Serena
  • 3 apr 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

"… e ho scoperto un giorno che la mia pancia sa ascoltare,

E non solo! Ma parla, oh se parla!

E dice cose buone e cose cattive,

A volte si esprime in modo rozzo altre canta le rime dei poeti più alti.

Certi giorni sussurra che quasi non si sente, certi altri è così forte da fare male

E parla una lingua che smuove dentro e racconta le storie di altre vite

suona come la voce di uno straniero che conosciamo da sempre

Rimbomba nelle stanze della mente che un po’ finge e un po’ si ribella, cerca di educarla e farla sua, talvolta stenta e si tappa le orecchie per non udirla.

Ho scoperto che educare la voce della pancia è creare uno spazio del sé, che dentro ci stanno le cose che colorano la vita e anche quelle che ce la fanno odiare.

Ci sono i pezzi rotti dell’esistenza e il senso delle cose. Ci sono le risposte che cerchiamo e non vogliamo conoscere. C'è tutto e tutto parla di noi, se abbiamo il coraggio di ascoltare, c'è un piccolo minuto di sollievo dall’incertezza dell'essere umani".

Ogni medico, ogni professionista, ogni mestiere ha i suoi strumenti. Chi più grandi chi meno, chi ha ingombranti macchinari e chi piccoli attrezzi di precisione, chi indossa divise, chi uniformi, chi curiose protezioni. E lo psicologo cosa usa? e cosa indossa? Lo psicologo usa e indossa se stesso. Gli strati della sua esperienza, la pelle con le sue cicatrici e i suoi calli e la pancia, come un contenitore in cui si immergono e ribollono le emozioni. Non esistono camici, non esistono arnesi né pinze né display luminosi, ma esistono gli occhi, esistono le orecchie e poi, esiste il sentire. Sentire con tutto ciò che l'uomo può usare, sentire dal di dentro, sentire con le viscere e con il cuore. Avere la sensazione di stare scomodi su una sedia, avere i brividi e il mal di testa,sentirsi arrabbiati e inteneriti allo stesso tempo, provare sotto la pelle quello che provi tu, che stai di fronte a me e qualche volta vorresti andartene e sbattere forte la porta, altre vorresti una carezza, ma rimaniamo qui, anche in silenzio a volte, a dirci cose che le parole, talvolta, non riescono a dire.

Come farei se dovessi spiegarlo a un bambino? Gli direi che le persone che incontrano lo psicologo, in realtà, trovano di fronte a sé una persona e la sua pancia e che entrambe ascoltano e reagiscono. E poi questo psicologo interroga la sua pancia, sente cos'ha da dire. Forse ci sono emozioni felici, forse c'è un po' di rabbia o forse gli viene voglia di piangere ed è così che capisce davvero cosa voleva dirgli l'altro. Credo che un bambino spiritoso potrebbe ribattere e dirmi che quando la pancia brontola è semplicemente perché abbiamo fame: "è vero! - penso che ribatterei io -le persone hanno fame, ma qualche volte è anche fame d'amore".


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